sabato 13 ottobre 2012

Spazio alla poesia 2

Una pagina vuota da riempire di parole.
Una pagina bianca su cui tracciare segni neri e significati chiari.
Una pagina invitante di desideri e abbandoni.
Ecco il mio spazio non segreto dedicato alla poesia.
La vostra. La mia.

ATTIMI (amore a prima vista)

Qualche attimo perplesso
distanzia le tue ciglia
dal mio sguardo.

Qualche attimo fugace
e gli occhi di nuovo
si incrociano.

E’ un gioco sottile,
beffardo
tra il detto e l’inteso
tra il plausibile e l’incerto.

Qualche attimo fragile
accende i sogni e i desideri
delle labbra e del cuore.

E così una nuova verità
svelata e seducente
ci assedia e ci invita,

 personaggi in cerca d’amore
estranei fino all’attimo avanti,

a farsi amanti
in brevi
 vivi
eterni istanti.

giovedì 11 ottobre 2012

Spazio alle decisioni

Che periodo! La parola più pronunciata da chiunque in questo periodo e più inflazionata nelle pagine dei giornali è "crisi". La seconda "spread". A seguire "concussione" e "corruzione".  Economicamente parlando le quattro parole sono strettamente correlate. C'è crisi ma non per tutti. C'è crisi ma solo per i comuni mortali. Per coloro che ci governano spesso c'è intangibilità sia da parte della crisi sia da parte della giustizia (anche se sempre meno). 
Milioni di euro stornati dalle casse di regioni, province e stato e talvolta anche di tribunali, enti preposti al recupero delle imposte, oppure milioni evasi da imprenditori nulla facenti ma molto tenenti. 
Allora i soldi ci sono! 
Allora i sacrifici che vengono richiesti (come - solo per fare un esempio - ad anziani pensionati che devono pagare salatissime IMU come seconda casa  di quella abitata se la stessa è di proprietà dei figli - almeno, ai tempi dell'ICI, nella stessa situazione, l'imposta dovuta era calcolata come per la prima casa!) sono non per sanare l'economia ma per mantenere privilegi e privilegiati! 
Allora i sacrifici che stiamo facendo continuando a pagare prezzi inverosimili per un carburante che ci avvelena la vita (in tutti i sensi!), per servizi di base (luce, acqua, gas) che continuano a far decrescere il potere d'acquisto degli stipendi (quando ci sono!), per il pesce che sta scomparendo dal mare ma che ci "farebbe" tanto bene perchè le regole della buona alimentazione lo consigliano almeno due/tre volte alla settimana (ma 2 sogliole e 1 branzino per mangiare poco in 4 x 30/40 euro x 3 volte alla settimana fa uno sforamento di budget impossibile da sostenere per una famiglia media...e non dite di mangiare pangasio perchè non è proprio la stessa cosa non solo per il palato ma anche in termini nutrizionali!), allora tutti questi sacrifici che ci fanno mangiare meno (e questo in sè potrebbe non essere così male) e peggio (e questo sì che è un male che va a danno di salute personale e pubblica), consumare meno (e questo in sè potrebbe anche non essere un male costringendoci a fare scelte più oculate e meno consumistiche!) e peggio (e questo è sì un male!) ci consentono meno possibilità di scelta (e questo è un male che induce la gente comune a scegliere prodotti a basso costo a scapito della qualità e della provenienza che non premia certo il made in Italy ma piuttosto sempre più il made in China), ma soprattutto, confrontati con gli sprechi di cui sopra, ci costringono alla cosa più intollerabile di tutte: sognare meno e sognare peggio. 
I sogni legati al futuro così muoiono. 
I sogni slegati da una possibilità di futuro diventano incubi.
Muoiono le speranze di trovare soluzioni valide per noi e i nostri figli. E se ci viene tolta la libertà di sognare e ci viene invece reso evidente che i nostri sogni vengono traditi senza alcun pudore da coloro nei quali avevamo riposto la nostra fiducia per riuscire a costruire un domani migliore, allora noi siamo morti. 
Non possiamo consentire a nessuno di uccidere lo "spirto guerriero ch'entro ci rugge".
Non dobbiamo permettere a nessuno di valicare il limite del concesso.
Non possiamo dirci morti prima di aver esalato l'ultimo respiro vitale.
Siamo solo un po' storditi e anestetizzati. Tutto sommato quello che sta accadendo e che -possiamo anche azzardarci a dire "fortunatamente"- sta emergendo può essere la "secchiata d'acqua fredda" che ci occorreva per risvegliarci. 
Crisi=separare, scegliere, decidere. Da cosa vogliamo separarci? Cosa vogliamo scegliere? Cosa vogliamo decidere?
Dobbiamo rianimarci, capire cosa fare e farlo.
Trovare la direzione e l'obiettivo. Seguire la strada e perseguire l'obiettivo.
Trovando ancora una volta un sogno che accomuni e ci faccia riscoprire la bellezza di fare qualcosa di utile, buono e giusto.
Tu che sogno hai?
Io sogno una scuola che dia ai suoi futuri cittadini istruzione, cultura, visione globale e senso di apparteneza e di responsabilita nei confronti  di questo Paese.
Sogno una società che integri le culture senza permettere che noi diventiamo una sub cultura di qualcun altro.
Sogno un ambiente dall'aria respirabile senza miasmi spiacevoli o dannosi.
Sogno la  riscoperta della bellezza dell'arte e di un territorio da preservare, valorizzare e promuovere responsabilmente.
Sogno un posto dove l'arte e gli artisti possano rivivere un nuovo Rinascimento, dove mecenati illuminati comprendano che la bellezza (e non la volgarità fatta passare per arte) forse potrà salvarci.
Sogno un posto fatto di nuove costruzioni sagge, che risparmino e si nutrano da sole di sole, di pioggia e di vento senza altri consumi.
Sogno un posto che incentivi queste costruzioni che tengano conto di spazi aperti e di zone adatte alla costruzione senza scendere a compromessi pericolosi.
Sogno un luogo dove donne e uomini non debbano vendere la propria anima oltre al proprio corpo per ottenere visibiltà, consenso e attenzione.
Sogno un luogo dove parola data, reputazione e onore abbiano ancora un senso. 
Sogno un Paese dove se scendono 30 centimetri di neve non si fermi tutto.
Sogno un posto dove la possibilità di intraprendere, di innovare e di realizzare nuove imprese sia resa reale e fattiva senza eccessivi vincoli burocratici ma con il corretto controllo dell'operato imprenditoriale affinchè ognuno contribuisca, in proporzione alla propria crescita, anche alla crescita del sistema.
Sogno un sistema che consenta a noi cittadini di controllare i controllori.
Sogno un posto dove i bambini facciano i bambini.
Sogno un posto dove la politica ritorni ad essere la gestione della cosa pubblica e non di quella solamente economica. 
Sogno un Paese dove la libertà di espressione sia reale.
Sogno un Paese dove uomini e donne possano avere davvero pari opportunità di realizzazione familiare e professionale.
Sogno un luogo dove le mamme che lavorano non debbano  "girare" il loro stipendio ad asili e baby sitter.
Sogno un luogo dove le donne che lavorano possano diventare mamme senza essere penalizzate. Sogno un posto dove le mamme che decidono di fare "solo" le mamme ne abbiano l'opportunità e l'occasione, riconoscendo il lavoro di mamma effettivamente come tale, con retribuzione e sostegno. Stessa cosa per chi decida di fare "solo" il papà.
Sogno un posto dove chiunque possa decidere di avere famiglie numerose tutelando realmente la maternità e la paternità per chi la desidera senza dover scendere a compromessi col budget familiare.
Sogno un posto dove il budget familiare non esista, ma esiste il budget per la famiglia.
Sogno un ambiente pulito dove per lindo intendo fuori e dentro.
Sogno un Paese libero da conformismi inutili e libero da qualsiasi necessità.
Sogno un Paese libero di sognare. E di poter offrire l'idea che i sogni qualche volta possano realizzarsi.
Sogno un Paese che sia la mia casa e il mio spazio.
E tu cosa sogni?
 

 

lunedì 20 agosto 2012

Spazio alla leggerezza

E spazio alle note: estate tempo di tormentoni musicali... Tormento=qualcosa che non ci dà pace, di cui faremmo a meno ma al quale non possiamo sottrarci. 
Penso che tra le canzoni italiane di questa estate ce ne siano due in particolare che oltre ad essere tormentoni estivi rappresentano anche nel testo un tormento interiore (d'amore). 
La prima è di Giorgia con testo di Jovanotti, "Tu mi porti su": dietro una musica allegra e solare (estiva, appunto), il testo ci parla di un nuovo amore che dopo un momento idilliaco in cui "tu mi porti su" ne segue uno di disincanto in cui "poi mi lasci cadere", d'altra parte l'artista ci dice "ah che bellezza ah che dolore così che va la vita così che va l'amore". Ma alla fine volenti o nolenti, si impara a volare, nonostante i tentativi di lasciarci cadere!
L'altra, sulla musica appassionata di una taranta salentina, "Non vivo più senza te" di Antonacci: la canzone nel testo riprende il concetto dell'amore ossessionante che non si può dimenticare, ma che allo stesso tempo si cerca di dimenticare grazie ad un nuovo e fugace amore dove, a una difesa senza armi di un uomo che dice "no signora no", segue un "mi piaci" che non lascia dubbi, insieme alla frase "le cose poi succedono...".
Beh! Tormentoni tormentati, amori amati e odiati. Oggi come migliaia di anni fa, l'universale contrasto d'amore si dispiega nella vita quotidiana. Nei testi di canzoni e nei versi di poeti. 
Oggi Antonacci e Giorgia. 
Ieri, più di duemila anni fa, il poeta romano Catullo scriveva due righe sufficienti nella loro sintesi ad esprimere consapevolmente l'essenza delle difficoltà d'amore "Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris./ Nescio sed fieri sentio et excrucior." "Odio ed amo - insieme. Forse ti chiederai come ciò sia possibile. Non lo so, ma sento che è così e mi tormento". Eccolo il vero tormento, il vero sentirsi ed essere messo in croce dal contrasto dei propri sentimenti e di un amore che prima porta su e poi lascia cadere, espresso da quel verbo duro, "excrucior", che nel suono e nel significato dà immediatamente l'idea del dolore fisico e possente che prende l'anima e la tormenta. 
Oggi come ieri, scrivendo, leggendo o cantando il tormento(ne) possiamo non sentirlo semplicemente spegnendo radio, internet, libri, tv, i-pod... anime e cuore?

Spazio alla notte

Di notte la mente vaga ed esplode di coscienza e idee come in una stanza vuota: tutto rimbomba... nessuno ascolta.

martedì 31 luglio 2012

Spazio vuoto

Vacanza. Una parola, tante aspettative. Momento da tanti sognato dopo un lungo anno di lavoro. Miraggio per chi in questo momento preferirebbe un lavoro alla vacanza. 
Vacanza = partire, andare, girare, fare cose diverse, nuove, vedere, mangiare, abbronzarsi, leggere un libro, risolvere cruciverba e rebus, andare in crociera, vedere gente nuova senza conoscerla, incrociare culture diverse senza capirle, riempirsi occhi e bocca di nomi di musei, monumenti, quadri, palazzi e dimenticarli nel giro di sei mesi, decollare e atterrare senza terre di mezzo, ubriacarsi di notti e cieli stellati, ubriacarsi di emozioni temporanee, ubriacarsi di ouzo e vodka, fare bagagli e disfare valigie, disfare letti e fare ricordi, fare indigestione di visioni e cibi sconosciuti. La vacanza è da riempire di colori, suoni, persone, emozioni, sensazioni, mani, parole, immagini, fotografie, volti, sapori e odori. E si torna più stanchi di quando si è partiti. 
Eppure se pensiamo al significato di questa parola, che deriva dal latino vacuum, vuoto, la vacanza più che essere per forza riempita di tutto e di più dovrebbe essere un momento di vuoto, di sospensione di attività e giudizi, di un momento di riposo per il corpo e per la mente. Un momento che può durare il tempo di un weekend oppure l'arco di un mese. Un momento della propria vita che allenta tensioni e rallenta le stagioni, in cui corpo, mente, cuore e spirito dovrebbero ritrovare la propria unicità e la propria armonia. 
Nel silenzio non nella frenesia. Nell'otium e non nell'actus. 
L'ozio, che concede spazio ai pensieri, è una ricchezza che non conosciamo più. E' uno spazio di vuoto temporaneo che predispone alla maturazione di idee, pensieri e azioni future. E' uno spazio che non concediamo più nemmeno ai bambini. Eppure è da quel momento di vuoto che spesso sorgono le più grandi intuizioni (non è una leggenda che la teoria della gravitazione universale di Newton: «avvenne mentre sedeva in contemplazione, a causa della caduta di una mela»-Royal Society britannica). 
Concediamo un po' di otium alle nostre sinapsi e queste lavoreranno da sole per noi per trovare soluzioni inaspettate a problemi complessi. 
In questo senso, cerchiamo un bell'albero di mele, grande, ombroso e carico di frutti, sotto al quale invitare i nostri governanti a oziare! E auguriamo loro davvero Buone Vacanze con la speranza che una mela di giusta maturazione e consistenza cada sulla testa di uno di loro risvegliando coscienza e idee per affrontare e risolvere i problemi e riuscire a ritrovare il centro gravitazionale perduto!

martedì 17 luglio 2012

Spazio siderale

Ieri sera c'era un magnifico cielo stellato. L'ho visto dal mio giardino che mi concede uno spicchio di cielo generoso, ma non assoluto. Lontanissimi astri in un cielo blu notte (per forza, erano le 23...): non ho potuto fare a meno di pensare come sarebbe bello riuscire a vedere il cielo distesa per terra con un visuale aperta sopra di me di 180 gradi. E nella notte fonda, senza alcuna luce intorno a turbare la magnificenza dello spazio infinito. Come dicono in molti, forse l'unico luogo dove ciò si possa fare è il deserto. Chi ha visto il cielo da lì sostiene che sia una sensazione unica, di appartenenza al tutto.  Chi ha visto il cielo da lì sostiene di riuscire a dare una risposta a due delle tre domande fondamentali della vita: "da dove veniamo" (ab sidera) e "dove andiamo" (ad astra)! Il problema è a questo punto solo capire "chi siamo"...
Per ora mi devo accontentare del mio spicchio di cielo. Il cielo di Provenza invece di giorno sembra più vicino, è più intenso il suo azzurro e più tersa e nitida la sua trasparenza. Lo sguardo riesce ad andare più lontano, lo sguardo nella luce della primavera, in particolare, diventa più penetrante.
Deserto e Provenza: il primo, personalmente non l'ho mai visto. Mio marito c'è stato e mi ha raccontato che la magia del luogo è data proprio dal fatto che lì, davvero, tempo e spazio sembrano non avere più le coordinate note. 
Spazi immensi, discese ardite e risalite (e non è una canzone di Mogol!)... infinito davanti, dietro e, di notte specialmente, sopra di sè. Per chilometri, niente e nessuno. Anche il rumore è raro; al limite quello del vento. 
La Provenza è invece dolce e docile con i suoi profumi e i suoi colori. Ma sono entrambi luoghi affascinanti e pieni di spazio. 
Luoghi dove il cielo, lo spazio siderale che ci avvolge,  ha davvero una parola in più da dire all'anima!

mercoledì 11 luglio 2012

Spazio sinaptico

Per comunicare occorre spazio. Spazio da dedicare all'ascolto e alla ricezione di ciò che si trasmette. Spazio per la disponibilità all'ascolto. Spazio per riuscire ad aprire nuovi orizzonti. E ciò vale in generale ma anche in particolare. La base fondamentale della comunicazione, della capacità di dare spazio all'ascolto, alla elaborazione del messaggio ed alla risposta adeguata risiede tra le cellule del nostro cervello: tra i nostri neuroni c'è spazio, non sono uniti tra di loro, ma comunicano attraverso una piccola scarica elettrica che avviene all'interno dello spazio sinaptico. In quello spazio infinitesimale ci sono le condizioni per garantire la migliore comunicazione possibile.  Che avviene come una "illuminazione". Quando pensiamo, agiamo, viviamo, proviamo emozioni, mangiamo, sperimentiamo, ma anche quando sogniamo, il nostro cervello "si illumina d'immenso" in una comunicazione perfetta tra un neurone e l'altro. In questo modo apprendiamo e, imparando ad imparare, i collegamenti e le sinapsi si moltiplicano rendendo le cose sempre più facili e fluide. Per imparare ci vuole spazio. Per illuminare una comunicazione ci vuole spazio, scambio e ascolto. E se nella vita si trova qualcuno con cui questo tipo di comunicazione si possa finalmente mettere in atto, ecco che ci si sente illuminati reciprocamente di una luce che riflette, come in un gioco di specchi, quella dell'altro. Accade raramente, ma se accade, godetevi  quella piccola scarica elettrica, godetevi l'attimo!

mercoledì 27 giugno 2012

Spazio alla poesia

A nove anni ho scritto la mia prima poesia. Era una poesia dal titolo difficile per quell'età: "Nostalgia". 
Orgogliosissima della mia opera, alla sera sono andata da mio padre e gliel'ho fatta leggere. Me lo ricordo ancora: era seduto sulla sua poltrona e io ero in piedi di fronte a lui, in attesa di un verdetto (piacerà, non piacerà?). Al termine della lettura di quella poesia, vidi mio padre distogliere lo sguardo dal foglio, rivolgersi al mio e chiedermi: "Da dove l'hai copiata?". La mia risposta fu semplicemente "Da nessuna parte". Ma la delusione che provai in quel momento fu più cocente di qualsiasi altra. Io avevo creato qualcosa di mio, da uno spazio interiore mio ancora sconosciuto, ma già ben presente e mio padre, il mio idolo, non mi aveva creduta capace di ciò. Ancora oggi quell'episodio segna il mio modo di pormi con i pensieri e le parole: col timore reverenziale che il lettore in qualche modo non mi creda. Oggi però ho la consapevolezza che, forse, se mia figlia dodicenne venisse da me facendomi leggere qualcosa di suo, sarei attenta con i giudizi, ma probabilmente un testo come quello di allora trarrebbe, letto oggi, in inganno anche me. E allora per un momento spazio alla poesia. Voglio aprire il mio cassetto e provare ad estrarne una per questo blog. Eccola: scelgo questa perchè parla di distanze... e le distanze sono uno spazio... da colmare!

Oracolo senza Delfi

C’è una piccola distanza fra me e te.
Quella che separa un granello di sabbia dall’altro.
C’è una piccola differenza fra me e te.
Quella che distingue ogni fiocco di neve d’inverno.
C’è una piccola lunghezza fra me e te.
Quella che distacca il campione dall’avversario temuto.
C’è una piccola lontananza fra me e te.
Quella che divide un capello dall’altro sottile.
C’è una piccola distonia fra me e te.
Quella che muta il gesso frusciante in nota stridente.
C’è una piccola fenditura tra me e te.
Quella che taglia senza lama il mazzo di carte in due.
C’è una piccola incrinatura tra me e te.
Quella che stacca l’intonaco dal muro di facciata.
C’è una piccola assenza tra me e te.
Quella che sgombra la stanza dei sogni ancor vivi.
C’è una piccola anomalia tra me e te.
Quella che svuota l’errore di significato.
E l’amore di valore.
E il desiderio di passione.

Piccole cose, insignificanti ombre,
banali motivi, inutili perché,
esigui torti, marginali ragioni.

Ciò che divide è così irrilevante
che nemmeno te ne accorgi.

Ciò che unisce è così irrilevante
che nemmeno te ne accorgi.

Analisi dei confini.
Percezione della distanza.

Troppo lunga. Troppo breve.

Troppo giusta.

In due o dimezzati?

Non senza sofferenza,
dal senso dello spazio,
dal delta percepito,

oracolo senza Delfi,

sgorga il responso
della resilienza.

venerdì 22 giugno 2012

Spazio in ascensore

Quanto sono stretti gli ascensori! Ci avete mai fatto caso: se siete in due (estranei) a salire, il primo che entra si posiziona quasi sempre nell'angolo in fondo a sinistra e l'altro, se lo spazio non è troppo angusto, nell'angolo in fondo a destra. Il terzo eventuale "passeggero", si metterà inesorabilmente di fronte al primo e così via. Permettiamo di entrare in ascensore fino al numero massimo di persone per portata e capienza del mezzo e concediamo di valicare il nostro spazio vitale a perfetti estranei a patto che non si scambi una parola di conversazione e che non ci si guardi negli occhi: ciò ci farebbe diventare improvvisamente troppo intimi e "scoperti". Paradossalmente i posti dove concediamo la maggior vicinanza (come accade sull'autobus o sul treno affollato)  sono quelli della massima indifferenza reciproca. E non accade solo in luoghi pubblici, ma anche nelle case e nei condomini, dove teoricamente le persone che si incontrano dovrebbereo essere un po' più familiari. Eppure, anche lì, stentiamoa scambiare due parole come se il luogo rischiasse di diventare davvero un luogo troppo intimo ed isolato dal resto del mondo. Ho vissuto per alcuni anni in una casa d'epoca a Milano di non molti appartamenti con un ascensore di quelli ricavati nella tromba delle scale. Spazio esiguo e ridotto. Negli anni, abitando al quinto piano, l'ho frequentato molto. Non altrettanto i vicini di casa! E poi un giorno l'ascensore si è guastato: è accaduto al rientro delle vacanze natalizie, proprio nel giorno del mio rientro a casa con tanto di valigie e regali natalizi al seguito. Alla vista del cartello "Ascensore guasto", non nego di aver lanciato qualche imprecazione tra me e me. Però, però... nei tre viaggi che ho dovuto affrontare su e giù per le dieci faticose rampe di scale, finalmente ho incontrato delle "persone". Alcune conosciute, altre mai viste prima... persone che mi hanno salutato (!) e si sono persino offerte di aiutarmi (!!) In altre circonstanze, come in ascensore, ci saremmo ignorati pacificamente. L'ascensore, con le sue ferre regole di prossemica, impedisce il fluire della comunicazone: allargando gli spazi, miglioramo la comunicazione! L'ascensore guasto si è trasformato in occasione di socializzazione e di aggregazione: tutti improvvisamente solidali contro il nemico comune. Ricordo che allora pensai persino di proporre all'amministratore la giornata mensile del "fermo scensore" al fine di migliorare la socializzazione e la reciproca conoscenza dei vicini di casa! La cosa ovviamente rimase nei miei pensieri e le cose tornarono presto alla normalità, ma da quel giorno decisi di fare le scale a piedi almeno una volta alla settimana, a tutto vantaggio, oltretutto, della mia salute!

domenica 17 giugno 2012

Spazio alle considerazioni

Sono contenta perchè un piccolo spazio me lo sto trovando.
Sono contenta perchè nonostante non ci siano commenti "postati" ho avuto alcune risposte private che mi hanno fatto capire quanto il tema  sia sentito soprattutto dagli uomini (nonostante il sito sia molto "femminile"). Mi piace ricevere mail che arrivano da uno spazio privatissimo come quello del cuore: talvolta è più facile parlarsi così che non vis-a-vis. O forse talvolta è solo più facile parlare un po' come a se stessi... Ma soprattutto mi piace pensare di avere uno spazio "in voi" nei pensieri e nella considerazione. Non lo sapevo, ma ho davvero amici unici con cui condividere un bicchiere di vino!

mercoledì 13 giugno 2012

Piccoli spazi di felicità

Aneddoto anonimo sul senso della felicità e sullo spazio da dedicarle.
Quando ti sembra di avere troppe cose da gestire nella vita, quando 24 ore in un giorno non sono abbastanza, ricordati del vaso della maionese e dei due bicchieri di vino…
"Un professore stava davanti alla sua classe di filosofia e aveva davanti alcuni oggetti.
Quando la classe incominciò a zittirsi, prese un grande barattolo di maionese vuoto e lo iniziò a riempire di palline da golf.
Chiese poi agli studenti se il barattolo fosse pieno e costoro risposero che lo era.
Il professore allora prese un barattolo di ghiaia e la rovesciò nel barattolo di maionese. Lo scosse leggermente e i sassolini si posizionarono negli spazi vuoti, tra le palline da golf. Chiese di nuovo agli studenti se il barattolo fosse pieno e questi concordarono che lo era.
Il professore prese allora una scatola di sabbia e la rovesciò, aggiungendola nel barattolo; ovviamente la sabbia si sparse ovunque all’interno.
Chiese ancora una volta se il barattolo fosse pieno e gli studenti risposero con un unanime ‘si’.
Il professore estrasse quindi due bicchieri di vino da sotto la cattedra e aggiunse il loro intero contenuto nel barattolo, andando così effettivamente a riempire gli spazi vuoti nella sabbia.
Gli studenti risero.
‘Ora’, disse il professore non appena la risata si fu placata, ‘voglio che consideriate questo barattolo come la vostra Vita.
Le palle da golf sono le cose importanti: la vostra famiglia, i vostri bambini, la vostra salute, i vostri amici e le vostre Passioni; le cose per cui, se anche tutto il resto andasse perduto e solo queste rimanessero, la vostra vita continuerebbe ad essere piena.
I sassolini sono le altre cose che hanno importanza, come il vostro lavoro, la casa, la macchina…
La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.
Se voi mettete nel barattolo la sabbia per prima, non ci sarà spazio per la ghiaia e nemmeno per le palle da golf.
Lo stesso vale per la vita: se spendete tutto il vostro tempo e le vostre energie dietro le piccole cose, non avrete più spazio per le cose che sono importanti per voi.
Prestate attenzione alle cose che sono indispensabili per la vostra felicità: giocate con i vostri bambini, godetevi la famiglia ed i genitori fin che ci sono; portate il vostro compagno/a fuori a cena…
E non solo nelle occasioni importanti!
Dedicatevi a ciò che amate e alle passioni, tanto ci sarà sempre tempo per pulire la casa o fissare gli appuntamenti.
Prendetevi cura per prima cosa delle palle da golf, le cose che contano davvero.
Fissate le priorità…
Il resto è solo Sabbia.
Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentasse il vino.
Il professore sorrise: ‘Sono felice che tu l’abbia chiesto.’ Serve solo per mostrarvi che non importa quanto piena possa sembrare la vostra vita: ci sarà sempre spazio per un paio di bicchieri di vino con un amico.” 
Prosit, amici miei!

Qui c'è spazio

Mi sento così stretta fra le pareti di una sola casa che cerco  (e creo) nuovi spazi in ogni momento della vita. 
Spazi della mente, spazi per le cose, spazi per le emozioni.
E' strano perchè al di fuori del nostro corpo, tutto è spazio. Ma non basta mai. Più ne abbiamo più ne occupiamo.
E' strano perchè lo spazio più immenso è forse proprio quello rinchiuso dentro il nostro corpo, dentro ai nostri pensieri, dentro la nostra anima.
Solo col pensiero si possono imaginare spazi infiniti, solo con un gesto continuo, sinuoso e dolce possiamo esprimere sulla carta il simbolo dell'infinito. Racchiuso in un piccolissimo spazio. Quello dell'otto rovesciato, quello della nostre impercettibili piccola ma infinite sinapsi.
E allora eccomi a cercare uno spazio virtuale dove condividere libertà dalla necessità. Libertà dalla necessità di spazi fisici dove interruzioni e gravità della vita impediscono il lento fluire dei pensieri. Libertà dalla necessità di alzare la voce per farsi ascoltare. Libertà dalla necessità di andare, venire, dire, fare, disfare, baciare, lettera, testamento.
Ho scelto uno sfondo con un interno desueto per questo posto dove chiacchierare, un posto fuori dagli estremi della tecnologia, un posto che è un po' il luogo dell'anima. Poltrona vecchia, ma comoda per sedersi e riposare. Telefono con il filo, analogico, attaccatto alla parete che ci costringe a posizioni scomode e che consente pensieri e parole meno vacue di quelle che oggi tutti noi consumiamo al cellulare. Pareti scrostate dal tempo, come rughe su un volto vissuto. Televisione in bianco e nero per aiutarci a sognare e immaginare colori sgargianti di realtà diverse dalla nostra. Quadri un po' storti ma veri appesi alle pareti con ritratti e foto sbiadite che ingialliscono e invecchiano con noi e ci costringono ogni giorno a guardarle per ricordare, non come le foto digitali che scattiamo in ogni istante e che a migliaia giacciono senza storia fra i circuiti elettronici dei nostri pc.
Ecco lo spazio che voglio. Quello della tranquillità dove fare due parole sia un piacere e non un dovere, dove arricchire e nutrire le idee sia più che esprimerle.
Qui c'è spazio.

martedì 12 giugno 2012

Spazio verso tempo

Per le cose che potrebbero interessarci, ma che, in fondo in fondo, non catturano del tutto la nostra attenzione, accampiamo la scusa del "Non ho tempo" che mal cela un "Non mi interessa". 
Eppure la sensazione dell' irreparabile tempus fugit di virgiliana memoria è nostra compagna di vita. 
Ma non è solo il tempo ad essere carente nei nostri giorni, lo è anche lo spazio, categoria fisica e mentale della quale abbiamo meno considerazione rispetto al tempo, ma che alla fine ha identica dignità. 
Lo spazio male organizzato in fondo richiede più tempo di gestione, lo spazio non occupato genera un horror vacui che subito lo inghiotte occupandolo, come accade per il tempo (la noia nell'accezione moderna ha significato negativo e sostanzialmente non esiste più il tempo di annoiarsi, nemmeno per i bambini, occupati tutto il giorno e tutti i giorni tra scuola, attività culturali e sportive e mai dediti alla noia come potenziale contenitore di idee e sviluppatore di fantasia).
E allora proviamo a condividere su Il mio spazio riflessioni spontanee su come ciascuno di noi vive i propri spazi (della mente, della casa, della vita, della natura...) per creare un insieme di considerazioni sulla vita di oggi, con i suoi spazi fisici e virtuali occupati sempre più da tecnologia e informazioni, ma sempre meno da relazioni e approfondimenti. 
Vi aspetto nel mio salotto buono e vi offro la mia poltrona preferita.

Non so mai dove riporre le scarpe

E' un problema mio o ce lo abbiamo tutti? In famiglia siamo in quattro e le scarpe per poche che siano (e non lo sono!) sono sempre troppe. Detestando le scarpiere standard, ne ho inventate di tutti i colori, coinvolgendo mio marito in lavori di bricolage su misura per me, ma non riesco a venirne a capo. D'inverno a frotte giacciono sconsolate appena oltre la soglia della porta per non sporcare ovunque. E se poi piove, ad ogni uscita, a quelle se ne appaiono altre abbandonate su un tappetino con l'intento di asciugarsi un po'. D'estate, tra sandali, infradito, scarpe leggere e sabot ogni tanto uscendo dal bagno mi capita di inciampare in una di loro e di chiedermi dove diavolo sia finita la sua compagna. Io stipo e loro escono. Forse vivono di vita propria. Io le accudisco e loro si ribellano. Più che scarpe, assomigliano a figli: sono disordinate, le trovi dove non devono essere, non si lavano mai. Ma quando finalmente riesci a tenerle in ordine nello spazio che hai loro creato e le vedi belle, ordinate, appaiate e "felici" allora ti dici che, sì, hai fatto proprio un buon lavoro con le tue scarpe... o con i tuoi figli!