mercoledì 27 giugno 2012

Spazio alla poesia

A nove anni ho scritto la mia prima poesia. Era una poesia dal titolo difficile per quell'età: "Nostalgia". 
Orgogliosissima della mia opera, alla sera sono andata da mio padre e gliel'ho fatta leggere. Me lo ricordo ancora: era seduto sulla sua poltrona e io ero in piedi di fronte a lui, in attesa di un verdetto (piacerà, non piacerà?). Al termine della lettura di quella poesia, vidi mio padre distogliere lo sguardo dal foglio, rivolgersi al mio e chiedermi: "Da dove l'hai copiata?". La mia risposta fu semplicemente "Da nessuna parte". Ma la delusione che provai in quel momento fu più cocente di qualsiasi altra. Io avevo creato qualcosa di mio, da uno spazio interiore mio ancora sconosciuto, ma già ben presente e mio padre, il mio idolo, non mi aveva creduta capace di ciò. Ancora oggi quell'episodio segna il mio modo di pormi con i pensieri e le parole: col timore reverenziale che il lettore in qualche modo non mi creda. Oggi però ho la consapevolezza che, forse, se mia figlia dodicenne venisse da me facendomi leggere qualcosa di suo, sarei attenta con i giudizi, ma probabilmente un testo come quello di allora trarrebbe, letto oggi, in inganno anche me. E allora per un momento spazio alla poesia. Voglio aprire il mio cassetto e provare ad estrarne una per questo blog. Eccola: scelgo questa perchè parla di distanze... e le distanze sono uno spazio... da colmare!

Oracolo senza Delfi

C’è una piccola distanza fra me e te.
Quella che separa un granello di sabbia dall’altro.
C’è una piccola differenza fra me e te.
Quella che distingue ogni fiocco di neve d’inverno.
C’è una piccola lunghezza fra me e te.
Quella che distacca il campione dall’avversario temuto.
C’è una piccola lontananza fra me e te.
Quella che divide un capello dall’altro sottile.
C’è una piccola distonia fra me e te.
Quella che muta il gesso frusciante in nota stridente.
C’è una piccola fenditura tra me e te.
Quella che taglia senza lama il mazzo di carte in due.
C’è una piccola incrinatura tra me e te.
Quella che stacca l’intonaco dal muro di facciata.
C’è una piccola assenza tra me e te.
Quella che sgombra la stanza dei sogni ancor vivi.
C’è una piccola anomalia tra me e te.
Quella che svuota l’errore di significato.
E l’amore di valore.
E il desiderio di passione.

Piccole cose, insignificanti ombre,
banali motivi, inutili perché,
esigui torti, marginali ragioni.

Ciò che divide è così irrilevante
che nemmeno te ne accorgi.

Ciò che unisce è così irrilevante
che nemmeno te ne accorgi.

Analisi dei confini.
Percezione della distanza.

Troppo lunga. Troppo breve.

Troppo giusta.

In due o dimezzati?

Non senza sofferenza,
dal senso dello spazio,
dal delta percepito,

oracolo senza Delfi,

sgorga il responso
della resilienza.

venerdì 22 giugno 2012

Spazio in ascensore

Quanto sono stretti gli ascensori! Ci avete mai fatto caso: se siete in due (estranei) a salire, il primo che entra si posiziona quasi sempre nell'angolo in fondo a sinistra e l'altro, se lo spazio non è troppo angusto, nell'angolo in fondo a destra. Il terzo eventuale "passeggero", si metterà inesorabilmente di fronte al primo e così via. Permettiamo di entrare in ascensore fino al numero massimo di persone per portata e capienza del mezzo e concediamo di valicare il nostro spazio vitale a perfetti estranei a patto che non si scambi una parola di conversazione e che non ci si guardi negli occhi: ciò ci farebbe diventare improvvisamente troppo intimi e "scoperti". Paradossalmente i posti dove concediamo la maggior vicinanza (come accade sull'autobus o sul treno affollato)  sono quelli della massima indifferenza reciproca. E non accade solo in luoghi pubblici, ma anche nelle case e nei condomini, dove teoricamente le persone che si incontrano dovrebbereo essere un po' più familiari. Eppure, anche lì, stentiamoa scambiare due parole come se il luogo rischiasse di diventare davvero un luogo troppo intimo ed isolato dal resto del mondo. Ho vissuto per alcuni anni in una casa d'epoca a Milano di non molti appartamenti con un ascensore di quelli ricavati nella tromba delle scale. Spazio esiguo e ridotto. Negli anni, abitando al quinto piano, l'ho frequentato molto. Non altrettanto i vicini di casa! E poi un giorno l'ascensore si è guastato: è accaduto al rientro delle vacanze natalizie, proprio nel giorno del mio rientro a casa con tanto di valigie e regali natalizi al seguito. Alla vista del cartello "Ascensore guasto", non nego di aver lanciato qualche imprecazione tra me e me. Però, però... nei tre viaggi che ho dovuto affrontare su e giù per le dieci faticose rampe di scale, finalmente ho incontrato delle "persone". Alcune conosciute, altre mai viste prima... persone che mi hanno salutato (!) e si sono persino offerte di aiutarmi (!!) In altre circonstanze, come in ascensore, ci saremmo ignorati pacificamente. L'ascensore, con le sue ferre regole di prossemica, impedisce il fluire della comunicazone: allargando gli spazi, miglioramo la comunicazione! L'ascensore guasto si è trasformato in occasione di socializzazione e di aggregazione: tutti improvvisamente solidali contro il nemico comune. Ricordo che allora pensai persino di proporre all'amministratore la giornata mensile del "fermo scensore" al fine di migliorare la socializzazione e la reciproca conoscenza dei vicini di casa! La cosa ovviamente rimase nei miei pensieri e le cose tornarono presto alla normalità, ma da quel giorno decisi di fare le scale a piedi almeno una volta alla settimana, a tutto vantaggio, oltretutto, della mia salute!

domenica 17 giugno 2012

Spazio alle considerazioni

Sono contenta perchè un piccolo spazio me lo sto trovando.
Sono contenta perchè nonostante non ci siano commenti "postati" ho avuto alcune risposte private che mi hanno fatto capire quanto il tema  sia sentito soprattutto dagli uomini (nonostante il sito sia molto "femminile"). Mi piace ricevere mail che arrivano da uno spazio privatissimo come quello del cuore: talvolta è più facile parlarsi così che non vis-a-vis. O forse talvolta è solo più facile parlare un po' come a se stessi... Ma soprattutto mi piace pensare di avere uno spazio "in voi" nei pensieri e nella considerazione. Non lo sapevo, ma ho davvero amici unici con cui condividere un bicchiere di vino!

mercoledì 13 giugno 2012

Piccoli spazi di felicità

Aneddoto anonimo sul senso della felicità e sullo spazio da dedicarle.
Quando ti sembra di avere troppe cose da gestire nella vita, quando 24 ore in un giorno non sono abbastanza, ricordati del vaso della maionese e dei due bicchieri di vino…
"Un professore stava davanti alla sua classe di filosofia e aveva davanti alcuni oggetti.
Quando la classe incominciò a zittirsi, prese un grande barattolo di maionese vuoto e lo iniziò a riempire di palline da golf.
Chiese poi agli studenti se il barattolo fosse pieno e costoro risposero che lo era.
Il professore allora prese un barattolo di ghiaia e la rovesciò nel barattolo di maionese. Lo scosse leggermente e i sassolini si posizionarono negli spazi vuoti, tra le palline da golf. Chiese di nuovo agli studenti se il barattolo fosse pieno e questi concordarono che lo era.
Il professore prese allora una scatola di sabbia e la rovesciò, aggiungendola nel barattolo; ovviamente la sabbia si sparse ovunque all’interno.
Chiese ancora una volta se il barattolo fosse pieno e gli studenti risposero con un unanime ‘si’.
Il professore estrasse quindi due bicchieri di vino da sotto la cattedra e aggiunse il loro intero contenuto nel barattolo, andando così effettivamente a riempire gli spazi vuoti nella sabbia.
Gli studenti risero.
‘Ora’, disse il professore non appena la risata si fu placata, ‘voglio che consideriate questo barattolo come la vostra Vita.
Le palle da golf sono le cose importanti: la vostra famiglia, i vostri bambini, la vostra salute, i vostri amici e le vostre Passioni; le cose per cui, se anche tutto il resto andasse perduto e solo queste rimanessero, la vostra vita continuerebbe ad essere piena.
I sassolini sono le altre cose che hanno importanza, come il vostro lavoro, la casa, la macchina…
La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.
Se voi mettete nel barattolo la sabbia per prima, non ci sarà spazio per la ghiaia e nemmeno per le palle da golf.
Lo stesso vale per la vita: se spendete tutto il vostro tempo e le vostre energie dietro le piccole cose, non avrete più spazio per le cose che sono importanti per voi.
Prestate attenzione alle cose che sono indispensabili per la vostra felicità: giocate con i vostri bambini, godetevi la famiglia ed i genitori fin che ci sono; portate il vostro compagno/a fuori a cena…
E non solo nelle occasioni importanti!
Dedicatevi a ciò che amate e alle passioni, tanto ci sarà sempre tempo per pulire la casa o fissare gli appuntamenti.
Prendetevi cura per prima cosa delle palle da golf, le cose che contano davvero.
Fissate le priorità…
Il resto è solo Sabbia.
Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentasse il vino.
Il professore sorrise: ‘Sono felice che tu l’abbia chiesto.’ Serve solo per mostrarvi che non importa quanto piena possa sembrare la vostra vita: ci sarà sempre spazio per un paio di bicchieri di vino con un amico.” 
Prosit, amici miei!

Qui c'è spazio

Mi sento così stretta fra le pareti di una sola casa che cerco  (e creo) nuovi spazi in ogni momento della vita. 
Spazi della mente, spazi per le cose, spazi per le emozioni.
E' strano perchè al di fuori del nostro corpo, tutto è spazio. Ma non basta mai. Più ne abbiamo più ne occupiamo.
E' strano perchè lo spazio più immenso è forse proprio quello rinchiuso dentro il nostro corpo, dentro ai nostri pensieri, dentro la nostra anima.
Solo col pensiero si possono imaginare spazi infiniti, solo con un gesto continuo, sinuoso e dolce possiamo esprimere sulla carta il simbolo dell'infinito. Racchiuso in un piccolissimo spazio. Quello dell'otto rovesciato, quello della nostre impercettibili piccola ma infinite sinapsi.
E allora eccomi a cercare uno spazio virtuale dove condividere libertà dalla necessità. Libertà dalla necessità di spazi fisici dove interruzioni e gravità della vita impediscono il lento fluire dei pensieri. Libertà dalla necessità di alzare la voce per farsi ascoltare. Libertà dalla necessità di andare, venire, dire, fare, disfare, baciare, lettera, testamento.
Ho scelto uno sfondo con un interno desueto per questo posto dove chiacchierare, un posto fuori dagli estremi della tecnologia, un posto che è un po' il luogo dell'anima. Poltrona vecchia, ma comoda per sedersi e riposare. Telefono con il filo, analogico, attaccatto alla parete che ci costringe a posizioni scomode e che consente pensieri e parole meno vacue di quelle che oggi tutti noi consumiamo al cellulare. Pareti scrostate dal tempo, come rughe su un volto vissuto. Televisione in bianco e nero per aiutarci a sognare e immaginare colori sgargianti di realtà diverse dalla nostra. Quadri un po' storti ma veri appesi alle pareti con ritratti e foto sbiadite che ingialliscono e invecchiano con noi e ci costringono ogni giorno a guardarle per ricordare, non come le foto digitali che scattiamo in ogni istante e che a migliaia giacciono senza storia fra i circuiti elettronici dei nostri pc.
Ecco lo spazio che voglio. Quello della tranquillità dove fare due parole sia un piacere e non un dovere, dove arricchire e nutrire le idee sia più che esprimerle.
Qui c'è spazio.

martedì 12 giugno 2012

Spazio verso tempo

Per le cose che potrebbero interessarci, ma che, in fondo in fondo, non catturano del tutto la nostra attenzione, accampiamo la scusa del "Non ho tempo" che mal cela un "Non mi interessa". 
Eppure la sensazione dell' irreparabile tempus fugit di virgiliana memoria è nostra compagna di vita. 
Ma non è solo il tempo ad essere carente nei nostri giorni, lo è anche lo spazio, categoria fisica e mentale della quale abbiamo meno considerazione rispetto al tempo, ma che alla fine ha identica dignità. 
Lo spazio male organizzato in fondo richiede più tempo di gestione, lo spazio non occupato genera un horror vacui che subito lo inghiotte occupandolo, come accade per il tempo (la noia nell'accezione moderna ha significato negativo e sostanzialmente non esiste più il tempo di annoiarsi, nemmeno per i bambini, occupati tutto il giorno e tutti i giorni tra scuola, attività culturali e sportive e mai dediti alla noia come potenziale contenitore di idee e sviluppatore di fantasia).
E allora proviamo a condividere su Il mio spazio riflessioni spontanee su come ciascuno di noi vive i propri spazi (della mente, della casa, della vita, della natura...) per creare un insieme di considerazioni sulla vita di oggi, con i suoi spazi fisici e virtuali occupati sempre più da tecnologia e informazioni, ma sempre meno da relazioni e approfondimenti. 
Vi aspetto nel mio salotto buono e vi offro la mia poltrona preferita.

Non so mai dove riporre le scarpe

E' un problema mio o ce lo abbiamo tutti? In famiglia siamo in quattro e le scarpe per poche che siano (e non lo sono!) sono sempre troppe. Detestando le scarpiere standard, ne ho inventate di tutti i colori, coinvolgendo mio marito in lavori di bricolage su misura per me, ma non riesco a venirne a capo. D'inverno a frotte giacciono sconsolate appena oltre la soglia della porta per non sporcare ovunque. E se poi piove, ad ogni uscita, a quelle se ne appaiono altre abbandonate su un tappetino con l'intento di asciugarsi un po'. D'estate, tra sandali, infradito, scarpe leggere e sabot ogni tanto uscendo dal bagno mi capita di inciampare in una di loro e di chiedermi dove diavolo sia finita la sua compagna. Io stipo e loro escono. Forse vivono di vita propria. Io le accudisco e loro si ribellano. Più che scarpe, assomigliano a figli: sono disordinate, le trovi dove non devono essere, non si lavano mai. Ma quando finalmente riesci a tenerle in ordine nello spazio che hai loro creato e le vedi belle, ordinate, appaiate e "felici" allora ti dici che, sì, hai fatto proprio un buon lavoro con le tue scarpe... o con i tuoi figli!